L'ultimo dei mohicani by James Fenimore Cooper

L'ultimo dei mohicani by James Fenimore Cooper

autore:James Fenimore Cooper [Cooper, James Fenimore]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B005EJ3N8I
pubblicato: 2011-12-15T08:05:09+00:00


XVIII

Ebbene, qualunque cosa:

un onorato assassino, se volete;

perché nulla ho fatto per odio, ma tutto per l’onore.

Otello

La scena inumana, più menzionata che descritta nel capitolo precedente, è messa ben in evidenza nelle pagine della storia coloniale con il meritato titolo di «Massacro di William Henry». Un tale fatto, dopo che un analogo e precedente episodio aveva già macchiato la reputazione del comandante francese, fece si che neppure la sua prematura e gloriosa morte potesse completamente riabilitarlo.

Ora il tempo sta offuscandone il ricordo, e migliaia di quelli che sanno che Montcalm morì da eroe sulle pianure di Abraham, ancora non sanno quanto egli mancasse di quel coraggio morale senza del quale nessun uomo può essere veramente grande. Si dovrebbero scrivere pagine e pagine per mettere in evidenza con questo illustre esempio i difetti della grandezza umana: onde dimostrare quanto facile sia per i sentimenti generosi, l’alta cortesia e il coraggio cavalleresco, perdere di efficacia sotto il freddo influsso dell’egoismo; e infine per additare al mondo un uomo che fu grande per quel che riguarda tutti gli attributi minori del carattere, ma che si mostrò debole, quando divenne necessario provare quanto i principi siano superiori alla politica. Ma tale compito esulerebbe dai nostri propositi e, poiché la storia, come l’amore, è incline a circondare i suoi eroi di un alone di luce immaginaria, è probabile che Louis de St. Véran sarà visto dai posteri solo come il coraggioso difensore del suo paese, mentre la sua crudele apatia sulle rive dell’Oswesgo e dell’Horican sarà dimenticata.

Così

rimpiangendo

profondamente questa manchevolezza da parte

della sorella musa, ci ritireremo subito dai suoi sacri confini entro il limite della nostra umile vocazione.

Il terzo giorno dalla presa del forte stava ormai volgendo al termine, ma le necessità della narrazione devono ancora trattenere il lettore sulle rive del «lago sacro». Quando li abbiamo visti per l’ultima volta i dintorni del forte erano pieni di violenza, e tumulto; ora invece erano in preda al silenzio e alla morte. I vincitori, lordi di sangue, se ne erano andati; e il loro accampamento, che così di recente aveva risuonato dell’allegro gioire di un esercito vittorioso, giaceva come silenziosa e abbandonata città di capanne. La fortezza era una rovina in cui ancora il fuoco covava sotto la cenere. Tronchi carbonizzati, frammenti di pallottole esplose e parti in muratura squarciate, coprivano i terrapieni in un confuso disordine.

Anche il tempo era paurosamente mutato. Il sole aveva nascosto il suo calore dietro un’impenetrabile massa di vapori e centinaia di forme umane, già annerite sotto il feroce calore d’agosto, stavano ora irrigidendosi nella loro deformità, sotto le raffiche di un prematuro novembre. Le nebbie arricciate e bianche che si erano viste ondeggiare verso nord, al di sopra delle colline, stavano ora tornando in un’immensa distesa scura, spinte dalla furia della tempesta. Il tranquillo specchio dell’Horican era scomparso e al suo posto verdi acque agitate battevano le sponde, come volessero restituire, indignate, le loro impurità alla costa insozzata.

L’acqua chiara pur serbando un po’ del suo incanto, rifletteva la cupa tristezza del cielo sovrastante.



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